La Campania ha chiuso le scuole due settimane dopo la riapertura. La scelta sembra aver prodotto pochi vantaggi in termini di diffusione del contagio, mentre è inalterato il sovraccarico degli ospedali. Ma chi ha pensato ai costi per bambini e ragazzi?
Il 15 ottobre 2020 la Regione Campania ha decretato la chiusura di tutte le scuole per prevenire e limitare la diffusione del Covid-19 sul territorio regionale.
La scelta, dopo solo due settimane di didattica in presenza, ha reso la regione un caso unico in Italia (e in Europa): fino al 13 novembre solo in quel territorio tutte le scuole sono rimaste chiuse, mentre le altre misure erano le meno restrittive possibili. L’anomalia ci permette di investigare, in forma preliminare, gli effetti della chiusura delle scuole sulla diffusione del Covid, confrontando l’andamento di diversi indicatori tra Campania e Lazio. Le due regioni hanno molte caratteristiche simili in termini di esposizione alla pandemia: non hanno subito la prima ondata e non mostrano differenze significative per diffusione dell’epidemia fino alla chiusura delle scuole in Campania.
La Campania è anche la regione nella quale le famiglie incontrano più ostacoli nell’accesso a Internet (il 26,7 per cento delle famiglie non dispone di una connessione) e tra le prime tre per dispersione scolastica. La domanda da porsi è quindi se i “costi certi” del ricorso alla didattica a distanza siano almeno in parte giustificabili dai benefici in termini di andamento della pandemia.
La figura 1 confronta l’andamento del numero giornaliero di positivi da Covid (standardizzato per la popolazione regionale) nel periodo 11 settembre-13 novembre per le due regioni. La linea verticale gialla indica l’apertura delle scuole nel Lazio (14 settembre), la linea blu il rientro tra i banchi in Campania (24 settembre), la linea rossa la chiusura delle scuole in quella regione (16 ottobre).
A tre settimane dall’apertura delle scuole, in Campania la curva dei contagi diventa più ripida (maggiore accelerazione) rispetto a quella del Lazio. Questo suggerirebbe che il ritorno tra i banchi non abbia avuto lo stesso effetto nelle due regioni. Inoltre, almeno fino a tre settimane successive alla chiusura in Campania, non c’è stata alcuna riduzione del gap con il Lazio in termini di nuovi contagi. Questa evidenza è in linea con i risultati di Ingo E. Isphording, Marc Lipfert Nico Pestel (2020) sulla Germania (che considerano solo un orizzonte temporale di tre settimane dalla riapertura). A partire dal 9 novembre, i primi dati suggeriscono invece una riduzione del divario tra le due regioni (evidenza in linea con quanto emerso dall’analisi di Salvatore Lattanzio su lavoce.info). Se la curva della Campania dovesse stabilizzarsi sulla nuova inclinazione avremmo una possibile indicazione di un effetto positivo della chiusura delle scuole.
Non è però chiaro se la diminuzione dell’accelerazione sia stata indotta direttamente dalla sospensione delle attività in presenza, oppure indirettamente dalla diminuzione degli spostamenti legati alla scuola (in questo caso le scuole primarie svolgerebbero un ruolo marginale). Tuttavia, l’esempio del Lazio suggerisce che è possibile contenere l’accelerazione della curva pur continuando la didattica in presenza per tutte le scuole.
Figura 1 – Numero di persone positive diviso la popolazione regionale al 2020
Fonte: elaborazione degli autori. Dati forniti dalla Protezione civile
Uno dei motivi principali che hanno spinto la Campania a chiudere le scuole è stato il considerarle una minaccia per il sovraccarico del sistema sanitario. L’analisi del tasso di occupazione dei posti letto destinati ai pazienti Covid (indicatore fondamentale per valutare il grado di sofferenza degli ospedali) mostra che fino alla prima settimana di ottobre i trend di Campania e Lazio sono identici; dopo tale data in entrambe le regioni accelerano e in Campania la richiesta è, da inizio ottobre, ben 10 punti percentuali superiore. Il gap tra le due curve rimane a oggi costante. In altri termini, la chiusura delle scuole non sembra aver avuto alcun impatto né sull’andamento né sul livello del rapporto ospedalizzati/posti letto.
Figura 2 – Numero pazienti ospedalizzati per Covid-19 diviso numero posti letto destinati a Covid-19 dalla programmazione regionale al 13 novembre 2020 (3.160 per la Campania e 5.300 per il Lazio)
Fonte: elaborazione degli autori. Dati forniti dalla Protezione civile
La scuola ha un impatto nell’accelerare la curva dei contagi da Covid-19? La nostra analisi si basa sui dati disponibili, che per negligenza delle autorità italiane sono comunque limitati e non sufficientemente granulari. Ma i risultati sembrano mostrare che possa esservi un effetto marginale, almeno a tre settimane dalla chiusura. D’altra parte, l’esempio del Lazio mostra che anche con la didattica in presenza è possibile contenere l’accelerazione dei contagi.
Per quanto riguarda invece il sovraccarico del sistema sanitario, dalle nostre analisi non emerge alcun impatto significativo della chiusura delle scuole.
Totalmente ignorati sembrano essere però i costi sociali della scelta di rinunciare alla scuola in presenza, così come pare sottovalutata l’evidenza che essi siano infinitamente più alti di quelli della chiusura di altri comparti, che invece la politica ha deciso di salvaguardare.
Per la stragrande maggioranza dei bambini i vantaggi di tornare a scuola superano di gran lunga il rischio di contagiarsi e di contagiare gli adulti. Le evidenze sugli effetti della chiusura prolungata in termini di apprendimento sono infatti inequivocabili. Per Engzell, Arun Frey e Mark Verhagen (2020) stimano che la riduzione dei punteggi nei test associata alle otto settimane di chiusura in Olanda corrisponde al danno cognitivo che si avrebbe con una riduzione del 20 per cento della durata dell’anno scolastico. La riduzione del punteggio risulta del 55 per cento più ampia per i bambini provenienti da famiglie con un livello più basso di istruzione.
Il lungo lockdown può influenzare non solo la capacità di apprendimento, ma anche la propensione all’abbandono scolastico e una adeguata crescita psicologica ed emozionale dei nostri studenti. In più, i costi della prolungata chiusura delle scuole possono essere insostenibili per le famiglie, accentuare le disuguaglianze tra le classi sociali e generare perdite permanenti per gli studenti e per tutto il paese. In questo contesto di costi certi e benefici incerti, la scelta di chiudere le scuole sembra dunque voler supplire alle mancanze del decisore pubblico in altri ambiti (ospedali, trasporti), facendone pagare il conto alle generazioni future.
Immacolata Marino e Iacopo Grassi - Rispettivamente ricercatori di Economia Politica e Scienza delle Finanze presso l'Università Federico II di Napoli - tratto da www.lavoce.info, per gentile cortesia
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